domenica 30 gennaio 2011

Un laboratorio mobile per i capolavori

Un laboratorio mobile per i capolavori

Restauro

Nei segreti dell'arte

Un laboratorio mobile per salvare i grandi capolavori.
di Loredana Zarrella
Sono restauratori, ma anche chimici e ricercatori, i nuovi paladini dell’arte. Diverse le tecniche per la conservazione e l’indagine dei grandi capolavori, identico il principio che le muove: la passione per la ricerca e per il bello. Così opera il Molab, il Mobile laboratory a disposizione dei ricercatori europei che svolgono attività di studio e conservazione di opere d’arte. Un laboratorio, unico in Europa, che permette di effettuare misure non invasive con strumentazioni portatili. L’opera d’arte viene in pratica analizzata dove si trova, nella sala di un museo o nel cortile di un palazzo.
DA LEONARDO A MUNCH. Il Molab, coordinato dal Centro Smaart (Scientific methodologies applied to archaeology and art) di Perugia, ha eseguito diverse indagini diagnostiche. Tra le tante, le analisi sul David di Michelangelo e su dipinti di artisti come Leonardo, Raffaello, Mantegna, Perugino, Renoir, Cezanne, Munch. I lavori più recenti su alcune opere di Picasso: 13 dipinti e quattro disegni esposti nel museo di Antibes. Sotto gli occhi attenti della scienza molecolare sono finiti anche ceramiche rinascimentali e preziosi manoscritti.
Attraverso la microelettronica e le fibre ottiche è stato così possibile studiare i materiali, le tecniche di esecuzione e lo stato di conservazione di queste opere.

Un laboratorio mobile finanziato dalla Ue

Attivo già da qualche anno e finanziato dall’Unione europea, il laboratorio mobile si sposta da un dipinto a un altro, di città in città, collezionando nuove scoperte. «Presto saremo impegnati ad analizzare i dipinti di Van Gogh di Otterlo», spiega Antonio Sgamellotti, docente di Chimica inorganica all’università di Perugia, presidente del centro di eccellenza Smaart e socio, da qualche mese, dell’Accademia dei Lincei per la classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
Per Sgamellotti, un grande vantaggio si ha anche per l’arte contemporanea, dove è possibile tentare di allentare il possibile degrado. In questa direzione gli studi fatti sui dipinti di Burri custoditi nel Palazzo Albizzini di Città di Castello.
RADIAZIONE E MATERIA. Alla base delle nuove strumentazioni di indagine c'è il principio di interazione radiazione-materia: le fibre ottiche portano radiazioni in prossimità della superficie del manufatto artistico e la radiazione elettromagnetica che si genera (come raggi X e infrarossi) dopo l’interazione con la materia viene raccolta e analizzata.
È la scienza che tende la mano all’arte per poter scoprire aspetti finora sconosciuti o per trovare il modo di conservare al meglio le opere che gli artisti hanno consegnato alla storia. Diverse professionalità si intrecciano per salvaguardare i beni culturali. Con i nuovi paladini, schierati in campo sono sempre gli storici dell’arte e i restauratori.

Quando la scienza conferma l'intuito

Le stesse tecniche tradizionali di restauro hanno registrato dei progressi negli anni. Oggi non si utilizzano più solventi industriali nocivi alla salute dell’operatore e alla salute dell’opera stessa. Per Maurizio De Luca, docente di Tecnica artistica e del restauro presso La Sapienza di Roma, capo restauratore, dal 1995 al 2005, del laboratorio di restauro dei Musei Vaticani, «è indiscutibile che ora la scienza affianchi la professione del restauratore con tutti i mezzi mutuati dalle varie discipline ma non bisogna mai discostarsi dal fatto che, paradossalmente, le opere d’arte non sono state eseguite al microscopio e gli occhi vedono ciò che l’artista ha voluto si vedesse. Bisogna sempre leggere i risultati analitici con prudenza e contestualizzarli con lo studio della tecnica esecutiva».
LA SCOPERTA SU MICHELANGELO. A volte l’analisi critica e l’intuizione, da sole, conducono a ipotesi o scoperte interessanti. È stata proprio l’intuizione di De Luca a far emergere una nuova rivelazione dopo il restauro della Cappella Paolina in Vaticano: l’uomo con il turbante azzurro tra le figure affrescate rappresenterebbe lo stesso Michelangelo. Attraverso il confronto di dipinti e statue dello stesso personaggio, studi antropometrici hanno confermato l’ipotesi con un’approssimazione del 65%. La scienza anticipa, a volte segue, ma spesso conferma l’intuito umano.
Fonte-Lettera 43

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